Lo scorso 17 aprile avremmo dovuto ospitare nell'ambito di "Dialoghi in biblioteca" la scrittrice Alice Basso. L'emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese ci ha fatto posticipare a data da destinarsi l'incontro in Biblioteca....noi però abbiamo provato a contattare Alice che, molto gentilmente, ci ha rilasciato un'intervista che qui pubblichiamo.
E non dimenticate di andare a leggere i suoi
romanzi su MLOL
Domanda: Cara Alice, inizio con una domanda che si può fare solo a una scrittrice: qual è la tua parola
preferita?
Risposta: E, signore e signori, sono lieta di annunciare che questa vince il premio di Domanda Più
Originale Con Cui Iniziare Un'Intervista. E io che pensavo che ormai nulla fosse più in grado
di emozionarmi!
Allora allora, io ho un sacco di parole preferite! Per esempio “uffa”: non è bellissima? Un
suono così buffo e così tante sfumature di significato! Oppure tutti questi sinonimi:
“carabattole”, “chincaglieria”, “quisquilie”, “paccottiglia”... sembra che le parole per definire le
cose di scarsa importanza siano le più carine di tutte, probabilmente per compensare. E poi
certe esclamazioni desuete: “poffarbacco”, “perdindirindina” (che naturalmente nella vita
reale non userei mai, ma sono così simpatiche...)
D: Se tu potessi vivere la vita di uno scrittore a tua scelta del passato, quale sceglieresti?
R: Uh, uno ricco, in modo da non dover rinunciare troppo agli agi di questa nostra epoca (sarò
poco romantica, ma io penso davvero che il nostro presente sia il migliore dei mondi
possibili. Avrà tanti difetti – per esempio, saremo con un piede nella fossa come umanità e
alle soglie della fine del mondo – ma resta pur sempre l'unica epoca in cui il cancro sia più o
meno curabile, le donne più o meno emancipate ed esista Netflix). Di sicuro, pur amandole
molto (a distanza), non vorrei mai trovarmi nei panni delle Brontë, di Emily Dickinson, di
Dorothy L. Sayers... ehi, per la miseria, ora che mi ci fai pensare le mie scrittrici preferite
hanno tutte avuto delle vite per nulla invidiabili!
D: Se tu potessi cadere dentro un libro, nelle vesti di un personaggio, quale sarebbe la tua
scelta?
R: Istintivamente ti direi la mia omonima Alice (pensa la comodità), ma in effetti il Paese delle
Meraviglie, e ancor più il mondo Attraverso lo Specchio, sono posti piuttosto inquietanti. Il
Regno di Oz anche peggio, quindi escluderei anche Dorothy e i suoi amici (per quanto mi
identifichi molto con lo Spaventapasseri). Peter Pan ha il vantaggio di non invecchiare e
l'Isola Che Non C'è non dev'essere male, ma tutte quelle battaglie con il Capitan Uncino...
Senti, non è che posso stare qui a fare quella che le avventure le scrive e basta, senza
doversi affannare a viverle?
D: Agatha Christie diceva che il momento migliore per inventare una trama è mentre si lavano i
piatti. E la leggenda narra che ordisse i suoi omicidi immersa nella vasca da bagno
mangiando mele. Tu hai qualche predilezione?
R: Io l'ho sempre detto che Agatha era la più saggia di tutte. A me vengono in mente interi
pezzoni di trama, o interi dialoghi, intere scene, eccetera, la mattina mentre sono sotto la
doccia o mi sto lavando i denti. Ovviamente, i momenti della giornata in cui è più difficile
prendere appunti. Ovviamente.
D: Ti conosciamo come scrittrice e sappiamo che fai parte di un gruppo musicale. E
recentemente abbiamo scoperto che sei abilissima a tagliarti la frangetta da sola: c’è un
talento che non possiedi ma che vorresti tantissimo avere?
R: Guarda, non me ne è mai fregato granché di cucinare – sono un'abilissima mangiatrice e
finora ho sempre pensato che bastasse – ma nel recente periodo di clausura mi sono
veramente arrabbiata con me stessa per non aver mai imparato a fare qualcosa,
gastronomicamente parlando, che andasse più in là dell'impostare il microonde. A quanto
pare è dura essere un mangiatore non autosufficiente, cioè non in grado di prodursi da solo i
manicaretti di cui avrebbe voglia!
D: Se potessi andare in vacanza in un luogo immaginario, da Macondo all’Isola che non c’è ma
anche Castle Rock, per dire, dove sceglieresti di andare?
R: Ecco, per esempio assolutamente non a Castle Rock, a meno di non voler morire di paura.
Però per esempio a Narnia sì (in tempo di pace), e anche a Fantàsia (dopo la ricostruzione
post-Nulla), magari nelle praterie a cavalcare con Atreju. E a Hogwarts! (Dopo la sconfitta di
Voldemort, naturalmente.) (Non so se s'è capito, ma preferirei stare in posti tranquilli. E
possibilmente carini, con dei bei paesaggi, sì.)
D: Se tu potessi scegliere un personaggio letterario morto da far resuscitare, quale
sceglieresti? (non vale Sirius Black)
R: Sir... ah, uff, niente. Be', per restare nello stesso immaginario, il Gemello Stroncato Dal
Colpo Di Scena Più Perfido Del Mondo vale? Altrimenti voto senza dubbio Cirano di
Bergerac. Morire così, per un colpo in testa, un genio come lui! Pensa a quante cose
meravigliose avrebbe ancora potuto dire, a Rossana e a noi!
D: Immaginiamo che questa quarantena duri per sempre e che tu potessi far comparire tre
personaggi letterari che la passino assieme a te, quali sceglieresti?
R: Philip Marlowe: mi prosciugherebbe l'armadietto dei superalcolici e probabilmente dopo un
certo numero di giorni diventerebbe insofferente e molesto, ma sai nel frattempo che
racconti avvincenti potrebbe farmi. Anna dai Capelli Rossi (da bambina), perché con la sua
chiacchiera non mi annoierei mai (anzi, ora che ci penso forse a un certo punto diventerebbe
un problema farla stare zitta). E i due protagonisti delle Fantastiche avventure di Kavalier e
Clay, perché, essendo due fumettisti, non patirebbero l'inattività e la clausura, ma
potrebbero coinvolgermi nello scrivere e disegnare fumetti, un modo sicuramente
produttivissimo di passare il tempo!
D: Davvero sono finite le avventure di Vani Sarca? Non ne scriverai più, mai più? Sei proprio
sicurissimissima?
R: L'ultima volta che ho detto di sì si è scatenata una pandemia, mi hanno coinvolta nel
progetto dell'ebook di beneficenza a più mani Andrà tutto bene e per quell'ebook ho scritto
un racconto con, di nuovo, protagonista Vani Sarca (La quarantena di Vani Sarca,
ambientato cinque anni dopo la fine della storia raccontata nell'ultimo libro, Un caso speciale
per la ghostwriter). Quindi io direi di sì, ma, tu capisci, inizio ad avere qualche scrupolo...
D: C’è un romanzo che vorresti tantissimo avere scritto tu?
R: Uno? Scherzi? Metà della produzione di Steinbeck e Fante, per dire! Oppure, be', il ciclo di
Harry Potter, perché avrei fatto super felici almeno due generazioni di ragazzi (e sarei anche
una miliardaria che vive in uno splendido castello scozzese).
D: Molti scrittori affermano di preferire scrivere in ore impensabili per i comuni mortali quali ad
esempio dalle quattro alle otto del mattino. Tu sei una Scrittrice Notturna o una Scrittrice
Diurna?
R: Tendenzialmente Diurna, perché stare sveglia oltre le 23 col passare degli anni mi risulta
sempre più difficile. Però la verità è che io sono una Scrittrice Quando Càpita. Avendo un
lavoro a tempo pieno (di redattrice in una minuscola casa editrice di saggistica) scrivo in
ogni ritaglio di tempo possibile: la sera (prima di crollare appisolata), in pausa pranzo, in
treno quando vado alle presentazioni, eccetera. Ci riesco perché ho trovato un mio metodo
fatto di dettagliatissime scalette che mi permettono di “entrare e uscire” dal libro molto in
fretta, senza bisogno di ore e ore di rilettura per calarmi nell'atmosfera e decidere come
riprendere in mano la storia dal punto in cui l'ho lasciata.
D: Quale è stata la primissima storia che hai inventato? E quanti anni avevi? E ci dici di cosa
parlava?
R: Avevo otto anni, era un fantasy e parlava della ricerca di una spada magica. L'ho scritta a
penna su un quadernone ad anelli, fogli a righe di quinta (quelle tutte alte uguali, per
intenderci), e mi ci sono voluti dieci capitoli e due anni. Una gestazione di tutto rispetto!
D: Secondo te dove finiscono tutte le idee scartate dagli scrittori? Non sarebbe bello se
esistesse un Grande Deposito delle Idee Scartate e Orfanotrofio dei Personaggi Mai Nati da
cui gli scrittori potessero attingere nel momento del bisogno? Tipo, passeggi in questo
grande magazzino anche piuttosto polveroso e su uno scaffale vedi un bambinetto
abbastanza male in arnese e dici: “Oh, guarda, Dickens l’ha lasciato qui. E’ proprio quello
che mi serve!”
Tu hai lasciato qualcosa sugli scaffali?
R: La risposta a questa domanda finirà per somigliare a una seduta di psicanalisi, te lo dico
subito. A casa di mio padre, nella mia cameretta di gioventù, io ho un'intera libreria occupata
da quaderni di ogni forma e dimensione pieni di capitoli primi. Io ho passato l'infanzia (a
partire dal romanzo dei miei otto anni sulla caccia alla spada magica) e l'adolescenza (e
anche oltre, se è per quello) a impostare storie che poi nel 90% dei casi non ho finito e nel
10% mi sono sembrate delle emerite schifezze subito dopo averle terminate. Ma ovviamente
le amo ancora tutte, con l'affetto del tutto irrazionale e viscerale del genitore dei proverbiali
scarrafoni. Ciò detto, la mia lucidità di redattrice ed editor non può nascondermi la verità:
quelle storie facevano schifo. Quindi, no, non me la sentirei di mollarle sugli scaffali di un
magazzino oscuro, in balia del primo venuto, ma non mi sentirei neanche di consigliare al
primo venuto di servirsene, perché, appunto, non erano buone idee, oh no, mi spiace ma
non lo erano, e di solito se qualche idea viene abbandonata un motivo c'è.
D: L’ultima domanda riguarda le biblioteche. Stephen King, ma anche i Peanuts e Calvin and
Hobbes, hanno usato biblioteche e bibliotecarie nelle loro storie e spesso la bibliotecaria fa
abbastanza paura: e tu hai avuto qualche “fobia da biblioteca”?
R: E qui, sorprendentemente, ti risponderò seria. Devi sapere che io, fino al 2015, cioè fino a
che non ho pubblicato il mio primo libro e ho di conseguenza iniziato a girare come una
trottola per presentazioni in biblioteche e librerie, di biblioteche e librerie ne ho frequentate
poche. Non fraintendermi: in libreria ci andavo un sacco, ma non ho mai avuto la mia libreria
di fiducia, in cui sentirmi a casa e cercare periodicamente rifugio; allo stesso modo, anzi,
anche peggio, non ho mai bazzicato molto la biblioteca della mia città, per mere ragioni
logistiche (era lontana da casa mia e dai miei percorsi abituali) e perché ero il tipo a cui
piaceva possedere i propri libri. Scoprire questo mondo meraviglioso, pieno di stimoli, di
possibilità d'incontro, di cose da fare e di eventi a cui andare, eccetera, mi ha fatta pensare
“Cosa cavolo mi sono persa fino ad oggi?!”, ma è stato anche uno dei regali migliori che
l'esperienza del pubblicare mi abbia portato. Quindi, non potendo più dirlo alla me stessa del
passato, lo dico a chiunque stia leggendo adesso: ANDATE IN BIBLIOTECA! Ci troverete un
sacco di sorprese!