I rotoli della memoria - Ragazzi

Disegno di Arnost Jilovsky, nato 31/7/31 e morto 23/10/44 ad Auschwitz
27 gennaio Udine - Biblioteca Civica "V. Joppi"

Destinatari

PER NON DIMENTICARE

Suonavamo Mozart, tanto Mozart. Il repertorio era in gran parte leggero e lieto – Eine Kleine Nachtmusick, il Concerto per clarinetto in la maggiore, minuetti, danze, marce. E anche Strauss era popolare, valzer, sempre valzer. Suonare era molto difficile perché le loro dita erano così gelate che a volte quasi non le sentivano, perché erano deboli per la fame e spesso malati. La malattia andava nascosta, perché una volta scoperta significava morte. Le SS erano sempre lì a sorvegliarli, e tutti sapevano che cosa li aspettava se non suonavano abbastanza bene. All’inizio tenevano concerti solo per gli ufficiali delle SS. Il papà disse che bastava far finta che non ci fossero. Ti perdevi nella musica: era il solo modo. Anche quando applaudivano, non alzavi nemmeno lo sguardo. Non li guardavi mai negli occhi. Suonavi con tutto te stesso. Ogni interpretazione era la migliore, non per compiacere loro, ma per dimostrare che cosa sapevi fare, per dimostrare che cosa sapevi fare, per far capire quanto eri bravo a dispetto di tutto quello che facevano per umiliarti, per distruggerti nel corpo e nell’anima. “Combattevamo con la musica” disse il papà. “Era la nostra sola arma.” 


Michel Morpurgo, La domanda su Mozart
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Come era riuscito Hitler a convincere i tedeschi a rinunciare con tanta leggerezza alla liberta? Ebbene, è semplice, il suo programma politico era una specie di minestrone con ingredienti per tutti i gusti: lavoro ai disoccupati, esercito ai generali, una finta religione per i creduloni, la voce grossa in politica estera per i tedeschi che avevano patito l’umiliazione della sconfitta in guerra. Hitler sapeva di aver bisogno dell’appoggio del ceto borghese, così sollevò una cortina fumosa di finta rispettabilità su ogni sua azione. Eppure esistevano già i campi di detenzione e la radio diffondeva minacce appena velate contro tutti coloro che avessero voluto indagare troppo da vicino i metodi di Hitler e mostrare pubblicamente la propria disapprovazione..

Christabel Bielenberg, Christabel Bielenberg nella Germania di Hitler
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E poi, Anna carissima, andò così. Ci furono treni, pidocchi, forni crematori, fosse comuni, zanzare, tifo, itterizia, agonie, ansie, terrori. E poi ci fu la forza sorprendente di chi si ostina a strappare una sorellina alla morte anche perché sa che tutto dipende da quello sforzo, da quella volontà di non cedere la bambina ai dominatori dell’orrore. E poi ci fu la strana fratellanza delle ombre, che si sorreggevano nello spasimo perché nessuno cadesse, dato che chi cadeva finiva nelle fosse comuni. E poi c’è una ragazzina dei lager che è arrivata a conoscere dieci nipoti, ha quindi gioito, ha conosciuto la vita nei suoi aspetti più lieti, è andata molto avanti. Ma non ha dimenticato le scarpe da rimettere in sesto nel laboratorio, le albe tutti uguali e tutte ultime, le divise dei carnefici, il tanfo, le scarse patate in fondo a pentoloni pieni solo di acqua. Ci dice, questa nonna a cui è toccato in sorte di essere l’amica di Anna Frank, che dobbiamo sempre ricordare tutto, noi con le due ragazzine amiche. La memoria, solo lei, tiene lontani i carnefici del futuro.

Antonio Faeti, prefazione a Mi ricordo Anna Frank di Alison Leslie Gold
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"Circa 1.200.000 bambini e ragazzi ebrei sono stati deportati e assassinati dai nazisti e dai loro collaboratori nel corso della Shoà della Seconda Guerra mondiale. Gran parte di quelli che sono sopravvissuti sono riusciti a farlo perchè erano nascosti. Alcuni vennero nascosti presso altre famiglie ebree. Altri in conventi e monasteri. Altri ancora nelle campagne. Alcuni trovarono asilo presso famiglie e persone non ebree. Mi chiamo Isaac Sztrymfman e anch'io sono stato un bambino nascosto"

Isaac Millman, Il bambino nascosto
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"Passò la notte. All'alba, come accadeva nei vari settori del campo, anche nel lager per famiglie zingare ripresero le normali attività giornaliere, dopo un riposo pieno di disagi e incubi. Rom, più provato del giorno precedente dalla fame e dalla stanchezza, bevve rapidamente la brodaglia nera prevista per il pasto del mattino, mise nella tasca della giubba i suoi 300 grammi di pane nero, fatto con tanta segatura e poca farina, e si trascinò con il carretto delle ceneri al crematorio 4. Quando vide Filip, il prigioniero del Sonderkommando che al solito gli riempiva il carretto, intuì che tra gli uomini della squadra speciale c'era agitazione. Una bambina si era salvata dall'ultima infornata di ebrei ungheresi nella camera a gas, e ora tutti volevano sottrarla alla morte, cercarle un rifugio."

Frediano Sessi, Ragazze e ragazzi prigionieri dei lager e dei ghetti
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"Passarono le settimane. Era un inverno freddo e senza colori. La madre di Rosa Bianca si stupiva del comportamento della figlia. Essa portava a scuola per merenda molto più di quello che mangiava a casa: pane imburrato, marmellata e le mele conservate in cantina. Rosa Bianca si faceva sempre più magra. [...] continuava a nascondere il cibo nella sua borsa e quando usciva di scuola aveva sempre una gran fretta. Ormai conosceva a memoria la strada."

Roberto Innocenti, Rosa Bianca