Virginia Romanin, nata a Udine, vive in Carnia, a Forni Avoltri.
Da sempre ha desiderato poter mettere nero su bianco quello che ha provato nei lunghi anni in cui
l’assenza di suo padre è stata una sofferenza costante, dalla quale sembrava che nulla avrebbe
potuto riscattarla. Per fortuna, o per tenacia, non è stato così.
Questo libro, così importante per la sua storia di figlia, madre e donna, è anche il suo primo
romanzo.
Un padre perduto, un luogo lontano, un dolore costante. Nei viaggi che la portano nell’Egitto che lui le ha preferito, Virginia scopre che il lutto si elabora anche a distanza di quarant’anni e che, paradossalmente, ciò apre la strada a una combinazione di eventi inimmaginabili. La rabbia e il rancore svaniscono, per lasciare il posto a emozioni più dolci: la meraviglia per la bellezza di luoghi e persone, la curiosità e il desiderio di sentirsi, come lui, a casa anche laggiù.
“Sono mosto che ribolle. Sento il richiamo.
È ora di ripartire. Questo è mal d’Africa! Ora so di soffrirne anch’io.”